Il desiderio nel femminismo che verrà. Un saggio sul corpo della donna che a partire da una poesia di Walt Whitman apre alla riflessione e alla consapevolezza: scopriamolo insieme.

Canto il corpo elettrico, le schiere di quelli che amo mi abbracciano e io li abbraccio, non mi lasceranno sinché non andrà con loro, non risponderà loro, e li purificherà, li caricherà in pieno con il carico dell’anima.
Walt Whitman, Canto Il corpo elettrico
È mai stato chiesto se quelli che corrompono i propri corpi nascondono se stessi? Se quanti contaminano i viventi sono malvagi come quelli che contaminano i morti? E se il corpo non agisce pienamente come fa l’anima? E se il corpo non fosse l’anima, l’anima cosa sarebbe?
Questo saggio, scritto dalla giornalista Jennifer Guerra – edito Tlon, parla a noi come Donne, ma anche come Ostetriche, perché disserta il ruolo del corpo femminile nella società contemporanea, un corpo perennemente sotto attacco e su cui i diritti acquisiti vanno difesi con le unghie e con i denti.
Ho atteso mesi per poterne parlare perché sentivo il bisogno di sedimentare la riflessione che ne ho colto.
L’autrice a partire dai versi di un famoso poeta americano, ‘canta’ il corpo delle donne omaggiandone la sua complessità dentro una cornice simbolica, politica, culturale e fisica.
Andiamo con ordine.
Corpo: dal personale al politico

La riflessione del saggio Il corpo elettrico si intreccia con dibattiti attorno ai corpi delle donne, come autodeterminazione, differenza e disuguaglianza, accesso ai diritti, femminicidio, ciclo mestruale ed educazione sessuale.
Quando ho recensito I monologhi della vagina vi ho introdotto un concetto fondamentale secondo il quale il personale è politico (puoi recuperare l’articolo a questo link).
La storia si ripete e questa volta parlando del corpo delle donne appunto, non come struttura limitante e confinata di ciò che siamo singolarmente bensì come rappresentazione simbolica dello stesso nella società.
Abbiamo sempre concepito il corpo come qualcosa di privato e personale ma su di noi aleggia un’autorità che ci giudica, ci tocca e regolamenta.
Il saggio, che si divide in sei brevi ma approfonditi capitoli, spiega questo e ci permette di ‘visualizzarci’ dentro la nostra pelle cogliendone l’immagine.
E che spesso non ci appartiene, come ci spiega il capitolo sul trans femminismo:
ognuno di noi ha il diritto si essere Soggetto e non Oggetto, di autodeterminarsi secondo le proprio logiche e il proprio desiderio che non è quello tipico della società patriarcale, ma il nostro.
Ed è proprio così che il corpo assume il suo aspetto politico, perché sconfina in una visione più ampia di noi dentro i nostri corpi nel mondo.
E da qui poterne riappropriarcene.
<<Quello che riguarda un solo corpo di una sola donna nel mondo riguarda tutte le donne>>
Il corpo elettrico, jennifer guerra-edizione tlon
Sei capitoli tra passato e presente

Possiamo educarci sin da bambine ad una consapevolezza diversa?
Si.
E ce lo ricorda Eleonora Gianini Belotti con il libro Dalla parte della bambine scritto nel 1971 e ancora attualissimo al quale è dedicato un altro intero capitolo che ci fa riflettere su come le femmine vengono cresciute diversamente rispetto ai maschi (ed io che ho in fratello, ammetto, mi riconosco nelle sue riflessioni) che dovranno dare più che essere:
A un certo punto Gianini Belotti fa una considerazione molto interessante, e cioè che un maschio è considerato per quello che sarà, mentre la femminina per quel che darà.
La bambina è abituata a dare e darsi in continuazione: dare sorrisi, dare la sua bellezza al mondo, dare baci, dare soddisfazione ai genitori comportandosi bene.
Le aspettative su di lei si concentrano su quello che possiede e che ci aspetta donerà agli altri.
da Il corpo elettrico, J. Guerra (pagina 84)
Scritto e letto in ottica femminista
Il saggio Il corpo elettrico aiuta alla contezza con l’excursus storico sui femminismi, dalle donne che negli anni ’70 presero coscienza del loro corpo sino alle battaglie dei giorni nostri ad esempio, e di come possiamo prendere esempio delle correnti passate.
Ma fa pure riflessioni sul peso e sul monitoraggio continuo che abbiamo della nostra immagine (suggerisco lettura saggio Beauty Mania – Quando la bellezza diventa ossessione di Renee Engeln) e non molto tempo fa, a questo proposito, scrivevo sul Blog questo pezzo sul recupero del peso dopo il parto e della pressione sociale che ne deriva.
E poteva poi mancare l’argomento sul quale più si disquisisce quando si parla del corpo delle donne? Assolutamente no.

Parlo di mestruazioni, esatto.
Anche se qui l’ho fatto poco.
Potete infatti leggere solo la recensione sul libro Mestruazioni di Alexandra Pope e ammetto con colpevolezza che il saggio Questo è il mio sangue. Manifesto contro il tabú delle mestruazioni di E. Thiébaut è sul comodino pronto ad essere letto.
Per la società le mestruazioni sono disfunzionali.
Pensiamoci a come spesso le viviamo: ci rendono deboli, vulnerabili e istetriche (?) agli occhi degli altri.
È concepibile in una società performante come la nostra?
No.
Parlarne?
Nemmeno, perché sottintende la differenza con i maschi e il patriarcato è un posto che, in maniera disparitaria, ci fa concorrere a loro.
Quindi, che funzione ha il dolore in quest’ottica? Ci emancipa, ci condanna? Come ci rappresenta?
E’ giusto pagare il 22% di IVA sugli assorbenti (sui prodotti di igiene in generale) solo in quanto il nostro corpo mestrua FISIOLOGICAMENTE?
Non ce le siamo volute noi, ecco.
Corpo tra difesa e consapevolezza in quanto Ostetriche

Possiamo noi pertanto, in quanto ostetriche, non fermarci un attimo e ragionare su tutto questo?
Noi che il corpo lo sentiamo, il nostro e delle altre, mentre si schiude durante il parto e ci parla poi per tutta la restante vita?
No, e aggiungo che ne siamo responsabili quando compiamo un’azione sullo stesso ma ne veniamo meno: interventi non necessari, consenso informato non ottenuto, il mancato rispetto della scelta altrui.
È il ‘posso’ poco prima di compiere una visita vaginale che rivoluziona la nostra azione.
Concludendo

Giunti sino a qui, non pensate voi stesse che c’è molto meno ‘personale’ sul nostro corpo di quanto pensavate prima?
Io l’ho amato subito questo saggio. Ho sempre percepito un fastidio addosso quando si parlava del mio corpo e della sua rappresentazione fuori di me, condizionandomi, ma non sapevo cosa fosse.
Oggi sì.
Poi ho spostato l’asticella della riflessione su temi più alti, come il diritto all’aborto e l’identità di genere o, rimanendo nella nostra cerchia di argomentazioni, sull’induzione precoce in gravidanza senza ragione clinica (e senza scelta informata), che possono/potrebbero riguardare tutte noi.
E lì mi sono incazzata perché ho compreso che solo io, sul mio corpo, posso autodeterminarmi, non gli altri.
Corpo ribelle e desiderante, il Soggetto da cui dovremmo ripartire.
L’unico bene che non può esserci tolto.
Siamo, nel nostro corpo, di noi stesse.
Buona lettura.
Volete recuperare altri libri letti e recensiti? Vi lascio alla sezione dedicata.
Alla prossima Book Review,
Marie C.
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Ostetrica e Blogger.
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